ArchaeoAdWine

Archaeology of Adriatic Wine

Progetti di Ricerca di Rilevante Interesse Nazionale 2022

DURATA: 24 mesi (dal 28.9.2023)

PAROLE CHIAVE: vino, età del Ferro, età romana, area nord adriatica, varietà di viti.

LISTA DELLE UNITÀ DI RICERCA:

UniversitÀ degli studi di Verona

Coordinatore nazionale del progetto: Patrizia Basso -Dipartimento di Culture e Civiltà (CuCi).

UniversitÀ degli studi di Bologna

Responsabile di Unità di Ricerca: Antonio Curci – Dipartimento di Storia Culture Civiltà (Disci).

Sub Unità

CREA, Centro di ricerca per la Viticoltura e l’Enologia Responsabile dott. Manna Crespan

IN COLLABORAZIONE CON

Diana Bellin

Dipartimento di Biotecnologie, Università di Verona

Marialetizia Carra

ArcheoLaBio, Centro di Ricerche di Bioarcheologia, Dipartimento di Storia Culture Civiltà (Disci), Università di Bologna.

Elisabetta Cilli

aDNA Lab, Laboratorio del DNA antico, Dipartimento di Beni Culturali – Università di Bologna.

ASSEGNISTI DI RICERCA:

Giada Bolognesi (Università di Verona)


Arianna Codato (Università di Bologna)


Dimitri Van Limbergen (Università di Verona)

PHD:

Martina Marini – Dipartimento di Biotecnologie Università di Verona


Gaia Vicenzi – Polish Academy of Sciences di Varsavia in co-tutela con il Dipartimento di Storia Culture Civiltà (Disci), Università di Bologna.

DESCRIZIONE DEL PROGETTO

Da quando, tra la fine del XX e l’inizio del XXI secolo, si è tentato di esplorare il ruolo della viticoltura e del vino nella società e nell’economia romana attraverso varie classi di testimonianze, la ricerca si è enormemente espansa e maturata, in modo dinamico e interdisciplinare.
Il progetto che qui si presenta si focalizza proprio sul vino, proponendosi di studiarne la produzione (e quindi le risorse specifiche di un territorio e la capacità umana di trasformarle in un prodotto finito) e il consumo (e dunque la contestualizzazione all’interno della società e della cultura) nella regione del Nord Adriatico fra l’età del Ferro e il tardoantico.

La prospettiva diacronica, dal VII secolo a.C. (periodo in cui è certa la coltivazione della vite in questa regione) alla tarda antichità (IV-V secolo d.C.) mira ad evidenziare le evoluzioni e le trasformazioni della viticoltura e della vinificazione in quest’area geografica, che, per quanto mai specificamente studiata da tale punto di vista, offre molti siti archeologici interessanti per la ricerca. In particolare, ci riferiamo a un ampio territorio che comprende alcune province dell’Emilia-Romagna (Rimini, Forlì-Cesena, Ravenna, Bologna e Ferrara), del Veneto (Rovigo, Padova, Treviso, Verona, Vicenza) e del Friuli Venezia-Giulia (Udine, Gorizia, Trieste), caratterizzate da ambienti diversi tra laguna, pianura e collina, adatti, quindi, alla coltivazione di vitigni diversi.

Lo studio si basa su un approccio metodologico fortemente multidisciplinare e interdisciplinare, declinato in tre campi di ricerca: archeologico, archeobotanico e genetico. Nel progetto si intende, infatti, far dialogare fra loro i dati desunti dalle analisi archeologiche della cultura materiale (confrontate anche con le fonti letterarie e iconografiche) assieme a quelli delle analisi archeobotaniche sui vinaccioli raccolti nei contesti di scavo e delle analisi genetiche del DNA antico estratto dai vinaccioli stessi. Inoltre, in alcuni specifici casi campione, vengono applicate anche analisi biomolecolari per individuare eventuali residui di vino negli spazi e strumenti di vinificazione individuati durante gli scavi archeologici.

Per quanto riguarda l’approccio archeologico, il progetto mira al censimento dei reperti relativi alla lavorazione del vino, dagli strumenti portati alla luce negli insediamenti rurali della zona (quali roncole per la potatura e vendemmia, torchi per la pigiatura, contenitori per la fermentazione) agli spazi di lavoro (come i calcatoria, dove avveniva la pigiatura, dotati di canali di drenaggio che confluivano nei lacus, cioè le vasche per la raccolta del mosto; i torcularia, dove avveniva la spremitura dell’uva; i dolia in terracotta interrati nelle cellae vinariae o le botti di legno dove avveniva la fermentazione). Un apporto importante alla ricerca è stato fornito dalle analisi biomolecolari condotte in collaborazione con il Laboratorio francese di Nicolas Garnier su talune strutture di lavorazione e taluni manufatti per il trasporto di area altoadriatica: le analisi sono state finalizzate a chiarire l’uso di tali evidenze in relazione alla produzione e al commercio del vino.

Dal punto di vista archeobotanico, grazie a una maggiore consapevolezza dell’importanza delle tecniche di campionamento, flottazione e analisi, i metodi per determinare se i vinaccioli raccolti con gli scavi appartengano a Vitis vinifera sylvestris (e quindi a specie selvatiche) o a Vitis vinifera sativa, cioè a vite domestica utilizzata per la produzione di vino, sono notevolmente progrediti. Inoltre, negli ultimi anni sono andati sviluppandosi gli studi morfometrici e dimensionali, utili per la distinzione dei vinaccioli di particolari cultivar, attraverso il confronto con collezioni di vinaccioli moderni relativi a vitigni presenti nella regione adriatica.
Nell’ultimo decennio anche gli approcci paleogenomici e la ricerca sul DNA antico sono progrediti notevolmente, grazie in particolare all’avvento delle tecnologie di sequenziamento di nuova generazione e allo sviluppo dei metodi di estrazione del DNA antico e di protocolli per costruzione di librerie per il sequenziamento dedicati. Per poter esplorare le relazioni genetiche degli antichi reperti con le varietà moderne, i dati ottenuti dal sequenziamento del DNA antico estratto vanno confrontati con le informazioni molecolari ottenute dalle viti moderne e di vigneti storici del Veneto, del Friuli Venezia-Giulia e dell’Emilia-Romagna.

Con l’applicazione di questi approcci e con il serrato confronto dei dati ottenuti, il progetto mira, dunque, a identificare le antiche varietà di vite coltivate nel territorio oggetto dell’indagine. Ci si propone anche di raccogliere informazioni storiche sulle tecniche di produzione del vino, al fine di evidenziare le continuità e le innovazioni nel lungo periodo che va dalla preistoria al tardoantico, fornendo contestualmente informazioni sull’antica distribuzione dei vitigni nelle regioni di interesse del progetto.

RUOLO DELLE UNITÀ DI RICERCA

Entrambe le Unità lavorano in stretta collaborazione: i risultati vengono confrontati e discussi in riunioni collettive, durante le quali è continuamente verificato il lavoro in corso.

Università di Verona (Unità di ricerca 1)

Il team di lavoro è composto da un archeologo classico (Patrizia Basso), un assegnista di ricerca che si occupa del censimento e studio dei dati archeologici (Dimitri Van Limberghen) e un secondo (Giada Bolognesi) che si occupa delle analisi del DNA antico (produzione di librerie, arricchimento del target e sequenziamento NGS ed analisi bioinformatica dei dati), con il supporto tecnico del laboratorio di Biotecnologie Genetiche Vegetali del Dipartimento di Biotecnologie dell’Università di Verona e in particolare di Diana Bellin e una dottoranda del Dipartimento stesso (Martina Marini). Le analisi si avvalgono anche delle strutture dedicate alla manipolazione del DNA antico disponibili presso l’Università di Bologna (aDNALab, Dipartimento Beni Culturali, Bologna), dove viene condotta l’estrazione del DNA per evitare contaminazioni (Elisabetta Cilli).
La collaborazione con il CREA supporta l’interpretazione dei dati. Manna Crespan, responsabile dell’attività della sottounità, fornisce le competenze e le conoscenze in materia di identificazione varietale della vite, studi di pedigree, storia, evoluzione e diffusione/migrazione del germoplasma della vite. Il CREA ospita il Catalogo Nazionale delle Varietà Italiane, pertanto fornisce anche materiali utili sulle varietà locali nell’ambito del progetto.

Università di Bologna (Unità di ricerca 2):

Il team di lavoro è composto da un bioarcheologo (Antonio Curci, responsabile del Centro di Bioarcheologia “ArcheoLaBio”), da un’archeobotanica (Marialetizia Carra), che si occupa della ricerca e dell’analisi morfometrica dei vinaccioli fossili, di un’assegnista di ricerca (Arianna Codato), il cui ruolo è finalizzato all’estrazione del DNA antico presso il laboratorio aDNALab e di una dottoranda (Gaia Vicenzi), che collabora con le ricerche archeologiche e archeobotaniche.
L’Unità di ricerca si occupa del censimento dei siti archeologici dell’età del Ferro, in diretto dialogo con l’Unità di Verona; conduce gli studi archeobotanici relativi ai resti archeobotanici macroscopici di vite e, in accordo con l’Università di Verona e il CREA, campiona i vinaccioli delle attuali varietà del territorio, che vengono sottoposti a uno studio morfometrico per la ricerca di eventuali affinità con le forme antiche.

PARTECIPANTI AL PROGETTO

Unità 1 – Università degli Studi di Verona

Patrizia Basso

Professore ordinario di Archeologia Classica presso il Dipartimento di Culture e Civiltà dell’Università degli Studi di Verona. Si occupa di architettura romana e in particolare di teatri e anfiteatri, considerati anche nelle trasformazioni strutturali e funzionali conosciute nelle città medievali e moderne; di ricostruzione dei paesaggi rurali romani (in particolare strade e necropoli rurali); di metodi di scavo e di valorizzazione, anche attraverso la direzione di ricerche archeologiche ad Aquileia, sui mercati e le mura tardoantichi; di economia romana e in particolare della produzione del vino. Fra gli altri progetti condotti, recentemente ne ha coordinato uno dedicato allo studio multidisciplinare e diacronico sull’alimentazione e il vino di Verona e del suo territorio: si tratta del progetto In Veronensium mensa. Food and wine in ancient Verona, su un bando competitivo di progetti scientifici di eccellenza della Fondazione Cariverona. Ha organizzato numerose conferenze e seminari, dirige una collana ed è membro del comitato scientifico di alcune riviste italiane e internazionali.

patrizia basso

Diana Bellin

Professore associato in genetica agraria, Dipartimento di Biotecnologie, Università di Verona.
L’attività scientifica è rivolta all’applicazioni di approcci genetici in pianta, sfruttando sia specie modello che piante di interesse agrario per l’identificazione dei geni coinvolti nell’espressione di tratti fenotipici di interesse. In particolare, si è occupata di caratterizzare dal punto di vista genetico la risposta delle piante agli stress biotici ed abiotici. Durante i primi anni di ricerca ha studiato la risposta delle piante allo stress biotico sia in pianta modello (Arabidopsis thaliana) che in vite (Vitis vinifera) dove ha contribuito al mappaggio di loci coinvolti nella resistenza a patogeni e alla caratterizzazione dei meccanismi coinvolti nella reazione di ipersensibilità. Da qualche anno ha avviato programmi di studi volti all’identificazione dei determinanti genetici della risposta delle
piante allo stress abiotico e per la regolazione della fenologia. A questo scopo ha sviluppato in vite popolazioni di incrocio che includono nuovi genotipi portatori di resistenze piramidate e caratteri di fenologia interessanti, attualmente in valutazione.

diana bellin

Dimitri Van Limbergen

Dimitri è archeologo classico specializzato nello studio dell’agricoltura, della produzione alimentare e dell’economia antica, con un’attenzione particolare a tutto ciò che riguarda il vino e l’olio d’oliva. In particolare, ha ideato e sviluppato l’approccio del paleo-terroir, che si occupa della stretta relazione tra paesaggio, clima e uomo nelle strategie di coltivazione della vite e nelle infrastrutture di produzione del vino. In questo modo, ha rivoluzionato la nostra conoscenza della disposizione dei vigneti romani e, più recentemente, del processo di vinificazione e dei profili sensoriali dei vini romani.
Dimitri ha conseguito un doppio dottorato di ricerca in Archeologia presso le Università di Pisa e Gand, ed è stato ricercatore presso quest’ultimo istituto dal 2015 al 2023. È stato Fellow dell’Accademia Belgica e dell’Istituto Storico Belga a Roma, del Collegio dei Fiamminghi a Bologna e del DAI a Berlino, nonché Visiting Scholar presso la Columbia University nella città di New York (BAEF) e l’Università di Padova. Ora è Journal Managing Editor presso LEIZA – Leibniz-Zentrum für Archäologie a Mainz, e membro del FOST – Interdisciplinary Historical Food Studies presso l’Università di Bruxelles ed è membro del FOST – Interdisciplinary Historical Food Studies presso l’Università Libera di Bruxelles.

Dimitri Van Limbergen

Giada Bolognesi

Giada Bolognesi ha svolto il suo dottorato di ricerca presso il Laboratorio di Biotecnologie Genetiche del Dipartimento di Biotecnologie dell’Università di Verona sotto la supervisione di Diana Bellin ed è ora assegnista di ricerca. Il suo lavoro di dottorato ha riguarda analisi genetiche in vite inclusa l’ottimizzazione di un protocollo di estrazione del DNA antico cui ha partecipato.

Giada Bolognesi

Martina Marini

Martina Marini dottoranda presso il Laboratorio di Biotecnologie Genetiche del Dipartimento di Biotecnologie dell’Università di Verona si occupa di analisi genetiche in vite in particolare dello studio della fenologia, della resistenza e della diversità genetica.

Martina Marini

Unità 2 – Università degli Studi di Bologna

Antonio Curci

Professore ordinario presso il Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Università di Bologna, dirige il centro di Ricerche di Bioarcheologia “ArcheoLaBio”. Si occupa di Bioarcheologia, in particolare di ricostruzioni paleoeconomiche e paleoambientali attraverso l’analisi dei resti zooarcheologici. I suoi ambiti di ricerca comprendono inoltre metodi di documentazione archeologica, rilievo, rilievo 3D, conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale.
È direttore del progetto di scavo di Grotta delle Fate (Premilcuore -FC), di Grotta San Biagio (Ostuni, BR) e co-direttore del progetto Aswan-Kom Ombo Archaeological Project (AKAP-Egypt). Vincitore di bandi competitivi italiani ed internazionali,  ha organizzato numerose conferenze e seminari, è membro del comitato scientifico di alcune riviste ed è presidente dell’Associazione Italiana di Archeozoologia.

Antonio Curci

Marialetizia Carra

Ricercatrice presso il Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Università di Bologna, si occupa dell’analisi dei macroresti vegetali di contesti di varia cronologia. È docente di Archeologia dell’ambiente e lavora nel Centro di Ricerche di Bioarcheologia “ArcheoLaBio”. In precedenza, ha collaborato al progetto europeo Hidden Foods, per lo studio delle risorse alimentari utilizzate dalle popolazioni di cacciatori-raccoglitori in area italiana e balcanica.
L’analisi archeobotanica diacronica sui macroresti vegetali le permette di ricostruire la storia del rapporto dell’uomo con queste risorse attraverso lo studio delle varie innovazioni tecnologiche apportate in campo agricolo (la domesticazione dei vegetali, l’introduzione della rotazione, l’avvento della frutticoltura e dell’orticoltura, le modificazioni dei vegetali attuate mediante la selezione antropica) e dei cambiamenti alimentari nelle diverse epoche.

Elisabetta Cilli

Elisabetta Cilli svolge attività didattica e di ricerca presso l’Università di Bologna come Professore a contratto e tecnico di laboratorio. Dal 2020 è National Geographic Explorer. L’attività ricerca rientra nel campo delle indagini scientifiche volte allo studio e alla comprensione dei contesti e dei reperti archeologici, mediante l’applicazione delle metodologie del DNA antico, allo scopo di contribuire alla ricostruzione della storia, della vita e delle dinamiche delle comunità umane e animali del passato in relazione all’ambiente e alle risorse.

Elisabetta Cilli

Gaia Vincenzi

Dottoranda presso la Polish Academy of Sciences di Varsavia, in co-tutela con il Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Università di Bologna. La tesi di Laurea ha riguardato lo studio dei resti archeobotanici prelevati nel sito di Spina (FE) importante città portuale etrusca, in cui il commercio e la produzione del vino sono attestati dai numerosi resti botanici di vinaccioli. Attualmente collabora con vari progetti del Centro di Ricerche di Bioarcheologia ArcheoLaBio.


SUB Unit: CREA Centro di ricerca per la Viticoltura e l’Enologia

Manna Crespan

Dirigente di Ricerca presso il CREA – Centro di ricerca per la viticoltura e l’enologia, sede di Conegliano (TV), nel settore disciplinare “genetica agraria” (AGR/07). È impegnata nel settore della caratterizzazione e dell’identificazione dei vitigni con marcatori molecolari. Svolge studi sulle relazioni di parentela tra i vitigni, per conoscere la storia e l’evoluzione della piattaforma ampelografica nazionale, le relazioni con le varietà coltivate in altri Paesi, la diffusione e le migrazioni delle varietà. È ideatrice e responsabile del SIV, il Servizio di Identificazione della varietà di Vite, fondato nel 2009 e basato sull’analisi del DNA. Svolge studi di association mapping alla ricerca di geni correlati a caratteristiche agronomiche di interesse per la vite.

Manna Crespan